Critica
L’arte nelle sue diverse espressività e
connotazioni, è sempre meno neutrale e vive, inesorabilmente, tutte le
contraddizioni di un’epoca che mostra scarse tracce per nuovi campi di
indagine della creatività e/o dell’inventività, limitando ogni tentativo
per ri-trovare strumenti adeguati per una lettura critica della complessità
culturale e sociale della nostra storia contemporanea. Il sottile malessere
del novecento non ha ancora esaurito i suoi effetti e le sue mode hanno
prevaricato e condizionato ogni forma di genuina e spontanea produzione. Si è
assistito ad un continuo “farsi” e “disfarsi”, mascherando sempre le
proprie incompetenze con le più strane forme di “sperimentalismo” o di
“laboratorio artis”. L’arte ha smesso si essere “l’occhio
colorato” della storia per divenire, sempre più, l’oggetto di un sistema
di consumo, un’offerta alla pari di una qualunque merce in esposizione,
favorendo un inevitabile perdita d’identità dell’opera. Il nuovo demiurgo
della modernità si chiama mercato: una inestricabile ragnatela che regola
ogni flusso dei beni di consumo compresi quelli che riguardano l’attività
intellettuale e culturale. “Il successo del mercato si fonda sulle
differenze e sulla varietà…La cultura, nella società dei consumi, si
inserisce in questo contesto e non fa eccezione”. (Zygmunt Baumann)
Quello che diventa, quindi, necessario è focalizzare
l’attenzione sull’opera d’arte e caratterizzare in modo più
problematico il rapporto tra l’artista e la sua produttività, al fine di
liberalizzare ogni atto creativo svincolandolo da ogni tentazione o facile
suggestione suggerita dal borsino del mercato dell’arte. Non è una proposta
originale ma è una ri-valorizzazione di un binomio su cui si è sviluppata
una lunga letteratura e sui cui ogni fenomenologia dell’essere ha teso a
considerare l’opera d’arte come un insieme di progettualità, come un
processo di ideazione del “vero”, una sorta di illuminazione nel rendere
visibile i contrasti che si nascondono o si contrappongono nel nostro agire
esistenziale. L’opera d’arte come significatività e sintesi cosmica. Una
continua rivelazione della propria soggettività, del proprio unico ed
originale mondo interiore. Tutto questo è contenuto nell’opera
dell’artista Daniela Baldo: una artista poliedrica, che ha identificato
nella pittura il suo modo di essere e di vivere. La sua produzione spazia dal
figurativo all’informale ma non esistono contrasti ideativi: l’opera vive
della sua tecnica e nella tecnica artistica si specifica ogni scelta materiale
e materica. Le figure vivono indipendentemente dalla loro collocazione e
forma. L’artista Daniela Baldo, dotata di particolare sensibilità
artistica, non realizza figure degenerative, ma ci esterna tutto il suo mondo
interiore che è un potenziale di “sogni libertari”, di visioni intime che
vivono di forze idealistiche e di articolate discorsività, che si risolvono
in ampie ed efficaci intuizioni tecnico-stilistiche e di appropriate scelte
combinatorie.
Nell’eterogenea ed elegante produzione di questa
artista c’è una naturale tendenza al linguaggio metaforico che permette di
coniugare la percezione, la memoria con le strategie di sintesi, di
sistematizzazione dei dati della realtà rivissuti ed interiorizzati come
visione del proprio immaginario. La sua opera è lo specchio del suo mondo
“segreto” che attende di farsi materialità individuale e sociale, di
oggettivare i segni ed i significati della propria esperienza intima in un
sapere comunicativo ed artistico. La sua indagine psico-culturale presenta un
aspetto di particolare interesse: le figure che vengono scelte sono di ambo i
sessi e vengono fissate in momenti di coinvolgente intensità emotiva ed
evocativa. Il tratto è essenziale per rendere ogni immagine determinata dalla
sua postura e dal suo movimento: sono attimi di vita che proiettano
“ombre” di inquietudine, di solitudine, di abbandono, di malessere
epocale. Sono figure metaforiche che parlano del nostro presente, del
disordine sociale ed ambientale, poiché si esprimono ed agiscono come automi,
a volte come veri manichini privi di ogni autentica identità o segni di
riconoscimento. L’artista Daniela Baldo nel suo gioco metaforico e
metafisico materializza il processo di “desertificazione” dell’umanismo
dell’età contemporanea: l’uomo e la donna sempre più soli e sempre più
anonimi. Si cerca di mettere in evidenza il desiderio di cancellare le
“ombre” e di uscire da questa deriva che ci rende immobili e rassegati. Il
ruolo dell’artista è svolto pienamente: esprimere le proprie visioni
interiori al fine di non sentirsi solo testimone di un’epoca ma di poter far
conoscere i personali sentimenti verso ciò che sta cambiando il nostro modo
di stare e di essere. L’artista Daniela Baldo, nelle sue figure, cerca di
individuare nuove vie di spiritualità della vita e di rendere ancora
possibile il sentire l’umanità dell’altro come persona, come entità
“cosmica”, come unione armonica dei valori senza tempo. C’è tutto il
peso della cosiddetta “civiltà di massa”, c’è la consapevolezza di
voler avere un ruolo, di poter agire senza essere omologati. C’è, forse, il
sogno di una nuova Utopia, una realtà che esalti il nostro “paesaggio
interiore” e diffonda, innanzitutto, il grido di conquista di tutte le
libertà individuali. Alla separazione storica tra astratto e concreto,
Daniela Baldo oppone una sintesi progettuale che le permette di esprimere
artisticamente il vuoto esistenziale dell’uomo contemporaneo considerando
l’arte come una preziosa fonte del “pensare più che del vedere”.
LA PROVOCAZIONE DELLA MATERIA - Ferruccio Capra Quarelli - 2010
Due, a mio avviso, le linee di interesse che demarcano la cifra valutativa di questa originale artista valsusina: il "fattore colore" e i materiali utilizzati. La maggior parte delle sue tele è caratterizzata da luminosi contrasti fra il nero e il rosso, con un bianco accecante come sfondo, o tenui grigi appena accennati. In molte sue opere, sciabolate sanguigne demarcano la tela, sia verticalmente che orizzontalmente, così come - in alcuni casi - queste si organizzano in linee spezzate o diagonali, con muscolose spatolature grondanti tinta piena. Quali le motivazioni di questi contrasti e perché un così risicato utilizzo di cromìe, limitando al massimo le potenzialità che più colori possono insieme offrire? Ancora .. Daniela Baldo rafforza le poche tinte (olio o acrilici) volutamente a sua disposizione, con materie organiche come legno, sabbie, catrame e materiali da lei combusti nel suo laboratorio. Inoltre, spinta da uno spirito di autentica indagatrice della materia, con grande originalità la nostra usa da tempo … il fumo (sapendolo dosare in maniera eccelsa) per creare soggetti, figure umane dalle precise descrizioni muscolari, contorni di visi, seni femminili, masse scure di vaporosa materia, in grado di definire e organizzare perfettamente gli spazi a disposizione. Il risultato delle sue produzioni informali è perciò di grande impatto visivo, portando inevitabilmente il fruitore a farsi delle domande. Quale il collegamento fra i titoli, il suo discorso trasposto sulle tele, i mezzi e gli stili utilizzati? Daniela Baldo è artista ormai matura; dipinge da sempre e lontani sono ormai gli approcci accademici, formali e riproduttivi della realtà. La sua mancata scontatezza discorsiva e i materiali utilizzati ci portano perciò a considerare quanto questa artista sia veramente figlia del suo tempo, un tempo caratterizzato da incertezze, indecifrabilità di contenuto, anonimato, massificazione consumistica. Fortissimo, ancora, il portato delle sue geniali figure di fumo, indicanti il dramma di un mondo inquinato, spesso senza colori, con figure grigie e anonime. Magnetizzante è poi a volte il volutamente NON espresso dell'artista: dove e perché si fermi una linea rossa o come si inserisca in un lavoro una frastagliata macchia di colore rosso … Il critico Franchino Falsetti, scrivendo di lei, giudica la Baldo 'intelligente indagatrice di ciò che rappresenta il "vedere" psicologicamente le immagini. Quanto sopra citato è responsabilizzante per il fruitore d'arte, perché i propri giudizi critici e soggettivi saranno parte centrale nella valutazione dell'opera. Il catrame, la sabbia .. cosa sarebbero, se non utili esercizi di declinazione materica in perfetta simbiosi per un'educazione ermeneutica? La sabbia non si dipinge: la sabbia ... c'è. Il catrame che sporca una tela non rappresenta un volto, la grazia di una mano ben disegnata, ma ci crea una situazione di stasi emozionale, portando il nostro essere ontologico a porci delle domande .. Ai tempi dell'università, un professore ci disse in aula che non sono le risposte ad essere intelligenti, ma tante domande possono invece esserlo. Le provocazioni materiche e intellettuali di Daniela Baldo, con i suoi interrogativi, non possono quindi che aiutarci a crescere, a trovare forse risposte in un mondo non più in grado di dare spiegazioni e - men che meno - indicazioni utili di sopravvivenza spirituale ...
Giovanna Barbero - 2007
Impressioni, tracce di luoghi e tempi, essenza di se
stessi, sono i temi principali nelle opere di Daniela Baldo, fatte di
atmosfere trasparenti, di brividi luminosi, di toni caldi, di campi soffusi
che svelano e celano l’intimo essere della persona e la sua interazione con
l’universo.
Paolo Levi - 2007
Daniela Baldo ha iniziato con la figurazione,
componendo soprattutto figure femminili in chiave oggettiva. Erano gli anni in
cui al liceo artistico insegnava Mauro Chessa, ed era difficile sottrarsi al
sua forza segnica e cromatica. Per lei dipingere è sempre stato come vivere
in un’altra dimensione, quella della creatività pura, esplicando
un’energia che le giunge dalla profondità dell’inconscio.
La seconda fase della sua ricerca è stata
rappresentata dalla curiosità formale per il paesaggio, sempre affrontato in
chiave oggettiva e antiromantica. Per quell’occasione ha in parte
abbandonato il pennello, considerandolo uno strumento troppo costrittivo, per
percepire in modo prioritario la libera gestualità della spatola, che apre
inediti orizzonti linguistici, senza vincoli formali, né contorni obbligati.
Il paesaggio, spogliato dal disegno, rappresenterà la possibilità di
eseguire larghe campiture, scoprendo la magia del particolare dilatato, della
sensualità vibrante degli elementi atmosferici. Nessuna copia dal vero,
quindi, ma solo sofisticate astrazioni, ricavate con sensibilità dal
riconoscibile rivisitato attraverso un’emozione soggettiva. Sono lavori che
possono ben essere rappresentati come un ciclo di stagioni – nebbia e
ghiaccio soprattutto – o, per meglio dire, di paesaggi dell’anima.
Anche l’attuale ricerca è da inserire nel comparto
del naturalismo informale. Daniela Baldo parte inizialmente dalle suggestioni
dalla natura, poi ne scorpora i singoli elementi, in un processo di
disfacimento dell’immagine. Procedendo per emozioni, non esegue nulla in
chiave aprioristica, e nulla quindi è prefigurato in queste ultime opere. La
composizione sembra quasi imbastirsi da sola. Come ouverture all’esecuzione
abbozza l’insieme come avvertimento estetico dei futuri passaggi conclusivi.
Inizia sempre con un movimento deciso, con la coscienza di muoversi in un caos
autocontrollato, o comunque lasciando andare liberamente il suo istinto
naturale per il colore. In ogni nuovo dipinto sembra mutare la metodologia
d’indagine, poiché non ama né il conforme, né l’univoco. Pittrice che
affronta le proprie inquietudini risolvendole in un dialogo immediato con la
tela, formula illuminazioni espressive di forte intensità.
A volte ama indugiare, meditando nuovi stimoli
creativi, rimanendo sospesa e avvertendo entro di sé una sorta di vuoto
vibrante. Così in certi casi la composizione sembra venire immediatamente in
luce e completarsi subito secondo l’avvertimento iniziale; a volte invece la
tela viene abbandonata per essere ripresa qualche giorno dopo: il messaggio
visuale sarà compiuto solo quando la pittrice, come dice lei stessa, avvertirà
una piacevole sensazione di equilibrio e di compiutezza, o quando vi si
riconoscerà come in uno specchio.
Artista di grande equilibrio interiore, i quadri di
Daniela Baldo riflettono situazioni emblematiche che risalgono a lontane
suggestioni naturalistiche; in ogni caso esse sono il prodotto di una manualità
di grande mestiere, con un preciso senso dell’intingolo materico e
cromatico. I mezzi che mette in opera per portare alla ribalta i suoi
sentimenti etici e le sue qualità estetiche sono soprattutto pennello e
spatola, ma spesso ama anche operare con una tecnica mista dove il colore si
impasta a garze applicate alle tela, che danno spessore alle superfici,
scandendole con una serie di graffiature e di incisioni. Per la scelta dei
colori, si lascia guidare dall’istinto: quando sente la necessità di
esprimersi con toni caldi, vi si attiene con costanza per alcuni mesi. Salvo
poi riprendere un ciclo più freddo, nel quale la passione è più tiepida e
trattenuta, anche se ormai da tempo evita i colori cupi e preferisce agire con
tinte chiare e solari.
Per Daniela Baldo la materia pittorica ha corpo e anima. Il suo colore trasmette le stesse vibrazioni che vi immette quando lo estende con energia sulla tela. Le sue composizioni nascono dalle sovrapposizioni di diverse stesure, e non si ripetono mai in moduli fissi. Ogni passaggio di colore parla quindi in modo differente e autonomo alla sensibilità dell’osservatore, mettendo in luce i momenti di sospensione e di energia che si avvicendano nei tempi creativi di ogni sua opera.
DISSONANZE CREATIVE -
Franchino Falsetti - 2009
C’è una strada dell’arte che si possa
seguire senza commettere alcun ripensamento? E’ possibile,nel contesto delle
rapide trasformazioni nel nostro mondo contemporaneo, sentirsi rassicurati
dalle scelte e dalla propria produzione artistica? Può l’arte esprimere
contenuti che sottolineano la problematicità di questa nostra epoca in cui
prevalgono gli effetti del disordine sociale e delle conflittualità
esistenziali e relazionali? A questi interrogativi non ci sono univoche
risposte. Il problematicismo filosofico non è più una illuminante chiave di
lettura dell’esistenzialità e dell’essere. Ogni campo dell’espressione
è stata contaminata e rischia di cadere nel reale pessimismo, profetizzato da
Baudelaire, quando, a proposito dell’artista moderno, tra l’altro
scriveva: ”[…]Discredito dell’immaginazione, disdegno per il grande,
amore(no,è una parola troppo alta), pratica esclusiva del mestiere, sono
queste, suppongo, dalla parte dell’artista, le ragioni essenziali del suo
decadere”.
Questo breve quadro culturale di riferimento è
necessario per comprendere la significativa ricerca dell’ artista
Daniela Baldo.
La sua produzione si è sviluppata negli anni
passando dal figurativo all’informale. Il suo è un percorso che connota
traguardi di maturità e di riflessione sulla funzione non solo espressiva
dell’arte ma sul verificare l’attendibilità di un linguaggio che deve
essere duttile rispetto alle diversità del sentire e del sapere.
Daniela Baldo è consapevole che non esiste una
univocità di espressione, una linguistica dell’arte che possa solo
oggettivare l’idea compositiva o rappresentativa. La sua ricerca
sull’informale denota l’esigenza di trovare nei “segni” dell’arte le
proprie emotività, il proprio desiderio di ricercare nuove “forme” che
liberalizzino l’atto “coercitivo” del dare sempre delle risposte.
L’informale per l’artista Daniela Baldo non è
,quindi, un puro divertissement, con cui molti oggi si dilettano per
soddisfare luoghi comuni sulla semplicità delle “tecniche” e per
“banalizzare” una scelta che,comunque, non è pittorica ma
culturale, ideologica e storica.
La ricerca dell’interiorità come proiezioni
dell’anima e della percezione di sé fa di questa artista una intelligente
indagatrice di ciò che rappresenta il “vedere” psicologicamente le
immagini.
I suoi quadri sono forme di materializzazione non
semplicemente compositive o di riduttiva esperienza estetica, ma di concreta
sottolineatura ( vedi l’ ”aggettivazione” : catrame o sabbia ) di
pensieri che si riverberano nel nostro sentire, nella nostra sfera emozionale
ed affettiva.
E’ un modo per pensare la pittura o l’arte come
una forma di scrittura, quasi una partitura musicale su cui non agiscono ed
interagiscono consonanze sonore/cromatiche, ma dissonanze creative che si
scrivono con altri simboli, perché non sono più le note ingabbiate dal
pentagramma, ma nuove semiografie tracce indelebili di uno stato d’animo, di
una sofferenza, di un disagio, di una ribellione, di un comportamento
divergente rispetto alla ripetitività, al condizionamento passivo,
all’attuale e dilagante processo di omologazione e di negazione della
propria identità.
L’informale come scelta di affermazione della
propria individualità per contrastare l’unidimensionalità del sentire e
del pensare.
Daniela Baldo nell’arte riscopre la libertà di
queste scelte; nell’arte dell’informale il piacere di ri-scrivere con la
pittura il proprio mondo, la propria esperienza intima e la propria percezione
della realtà sperimentando nuove “forme e strutture”
dell’espressione “non-figurativa”.
“L’autentico pittore invece di cercare di divertire l’umanità con la minuziosa eleganza delle sue imitazioni deve tentare di migliorarle con la grandiosità delle sue idee”. ( Reynolds)
PER_FUMANCE - Paola Meinardi - 2009
Le tele di Daniela Baldo sono cicli dell'essere,
talvolta in sequenze che abbinano differenti stati d'animo. Il fumo sembra
sollevarsi, cercare respiro, sia sulle tele in cui l'immaginazione dello
spettatore è lasciata libera di spaziare sulle sensazioni percepite, sia in
opere più definite come in “Angel”, in cui è la figura stessa a dettare
il movimento e l'espressività.
E' una battaglia infinita tra l'essere e il non
essere, il definito e l'indefinito, tra ciò che colpisce e ciò che emerge
solo in un secondo tempo, tra le tinte forti e la cupezza delle esplosioni di
bruno. Una lotta che non ha vincitori se non lo spettatore che ne trae spunto
per riflessioni sempre nuove e stimolanti. Non seconda è la scelta dei
materiali che si alternano tra polifoam, fumo, catramina, colore ad olio, tela
applicata e colore mischiato a sabbia. E' anche l'essenziale gioco tra le
diverse consistenze che rende vivo il quadro e che ne fa una creatura capace
di interagire con il mondo che la circonda.
Arianna Castagno - 2009
Il fumo impalpabile, che sale lieve da una candela,
lascia una traccia sulla tela: è l’ombra di un’immagine che deve ancora
prendere vita, il bagliore di un’emozione a cui solo l’artista sa dare
voce attraverso forme e colori. Non c’è nulla di più inafferrabile e
misterioso del fumo, con i suoi movimenti sinuosi e imprevedibili che
disegnano volute nell’aria. Per Daniela Baldo esso è diventato uno
strumento essenziale della creazione artistica. La potenza demiurgica
dell’artista e la sua libertà compositiva si devono confrontare e scontrare
con un elemento che sfugge quasi interamente al suo controllo. Da questa
sperimentazione scaturiscono forme evanescenti che permettono allo spettatore
di lasciare fluire liberamente le proprie sensazioni, al di fuori di qualsiasi
schema precostituito. Anche nei quadri in cui si intravedono forme più
definite, come in Angel, il caso gioca un ruolo essenziale, e questo
indubbiamente ne accresce il fascino. Viene così a definirsi un universo
espressivo che incontra i propri temi nell’atto stesso del dipingere e che
sembra evocare una ritualità arcaica.
I lavori recenti di Daniela Baldo hanno per alcuni
aspetti il carattere di una performance, a questo vuole alludere
l’espressione Per_fumance, titolo della mostra che verrà inaugurata venerdì
30 ottobre presso Villa Marchini Ramello a San Maurizio Canavese. Non tutte le
opere in mostra sono incentrate sull’utilizzo del fumo, ce ne sono altre che
si basano sulla dicotomia cromatica del rosso e del nero, che costituisce una
delle cifre stilistiche della sua ricerca negli ultimi anni, e sull’utilizzo
di una vasta gamma di materiali, come la catramina, le tele applicate o il
colore mischiato a sabbia, che fanno da contrappeso alla leggerezza delle
tracce di fumo. Il rosso è un lampo chiamato ad accendere la stesura del nero
e a squarciarne il sipario. Le tonalità più buie sono tormentate, solcate,
cariche di allusioni, sedimentazione di emozioni e pensieri.
La mostra di San Maurizio fa parte di un progetto più ampio dal titolo “Dopo cena a Casa Marchini Ramello”, promosso dall’associazione it. ART di Caselle in collaborazione con l’Amministarzione Comunale, volto a riqualificare la villa di fine Ottocento recentemente restaurata. Il progetto coinvolgerà tre settori dell’arte, pittura, teatro e musica, e gli artisti che hanno aderito all’iniziativa, tra i quali Daniela Baldo, sono stati accuratamente selezionati da una commissione competente.
Francesca Mazzarelli - 2008
Non ha schemi preordinati e predefiniti Daniela
Baldo, si muove con sapiente maestria tra cromatismi e graduali tonalità
spaziando con disinvoltura tra i vari generi artistici. Partendo dal
figurativo, si libera nell’informale, approfondisce il concettuale a poi
torna al figurativo. E’ vibrante la sua evoluzione artistica. Ama la
sperimentazione come solo i grandi artisti sanno fare. Un’innata capacità
le consente di raggiungere sorprendenti risultati estetici che con la
combinazione dei più disparati materiali e tecniche la rendono artisticamente
talentuosa ed interessante. Il suo percorso artistico è fatto di rilassamenti
e veemenze che si alternano, si rincorrono e si distendono nuovamente. La sua
ultima produzione è un po’ insolita, combinazione perfetta di tutto il
percorso compiuto sin qui. La figurazione collima con l’informale e i suoi
corpi si completano in un’antitesi, ‘un’astrazione delineata’,
corpi di fumo in distese di acrilico. Il tema sembra divenire quello
dell’essere umano impercettibile, precario e di un inconscio che si colora
della sua tensione emozionale. I corpi e le folle tracciate si innestano in
campi ‘monotonali’, bianchi, azzurri e rossi resi con la gestualità
composita del pennello e della spatola.
La conoscenza della sua pittura le permette di assaporare l’energia e la delicatezza di ciascuna materia che sintetizza in un scritto artistico- pittorico ove esprime tutta la sua carica. Le sensazioni provate si trasformano e trovano la propria corrispondenza in un dato visivo e cromatico, una sinestesia coinvolgente alla cui visione non si può restare indifferenti. Opere che sono e creano una commistione sensoriale inaspettata.
INFORMALE, PASSIONALE ED EMOZIONALE - Enzo Papa – 2006
Daniela Baldo estrinseca i segreti della sua personalità, la focosità del suo percepire, interpretare ed intendere la vita, i suoi moti d’animo di donna, fortissimamente donna. L’Artista esprime attraverso l’arte gli impulsi pressanti di una vitalità esplosiva costretta nelle viscosità delle convenzioni sociali, degli stereotipi che inibiscono le libere manifestazioni dei sentimenti e delle emozioni. Nella pittura di Daniela affiorano connotazioni sensuali, perfino sensazioni erotiche, abilmente dissimulate in forme inconsciamente allusive, cui lo spettatore si sente visivamente partecipe, trasportato all’interno di una dimensione razionalmente ignota, ma psichicamente conturbante, tale da destare pulsioni sanguigne. L’opera Crisalide è autoesplicativa, nel titolo e nella soluzione pittorica: una forma poligonale irregolare rossissima in campo chiaro, definita da linee sfuggenti come pliche epidermiche. Anche l’opera Rammendi , formale-informale, comunica il messaggio chiaro di una lacerazione la cui rimarginatura, volutamente alla meglio, non completa l’operazione e lascia intravedere un nucleo rosso, che lo spettatore legge come metafora non troppo ermetica. L’opera Migrazioni suscita un interrogativo :da dove e per dove? Nuclei rossi vitali, gangli in processione si dirigono verso un ricamo crescente, in cui si individuano figurine minimali come nei disegni infantili.
Origini è l’origine della pittura o un’ambiguità per l’origine di un fatto di creazione? Le forme convulse, i colori dissonanti carichi di pathos, la fattura concitata del dipinto farebbero propendere per un’interpretazione più aderente ad un atto di creazione che non di creatività.
Le opere di Daniela Baldo liberano la passionalità rigogliosa, intensa e carica di energia dell’autrice, ne rivelano la personalità generosa e vibrante, trasmettono una profonda ed acuta empatia e stabiliscono, d’immediato impatto, una relazione di comune sentire con lo spettatore che, se pur smarrito inizialmente dall’informale morfologia dei dipinti, ne è conquistato successivamente, dopo l’osservazione attenta, la quale induce a un’immedesimazione che sprofonda ben oltre il visivo. Daniela Baldo, che proviene dall’arte tradizionale mimetica, con cui rendeva pittoricamente la realtà percettiva, comprova che le tematiche introspettive possono e devono essere espresse mediante tutte le componenti non figurative delle composizioni d’arte, giacchè il pensiero e i sentimenti non hanno forma oggettuale e pertanto solo gli sviluppi astratti che la pittura può modellare sono appropriati ad esternare i complessi e misteriosi stati dell’inconscio che muovo l’agire umano.
IL VIAGGIO DELL'ANIMA - Antonio D’Amico - 2005
Disporsi dinanzi alle opere di questa pittrice piemontese è come addentrarsi nei labirinti oscuri e, nello stesso tempo, misteriosi dell’animo umano... o meglio dell'animo femminile. Tele nelle quali si respira la poetica dell’inconscio espresso attraverso sprazzi di colore denso e materico, trattato con estrema raffinatezza e duttilità. Daniela Baldo, scorpora l’essenza intrinseca del colore creando, prima con le idee e poi sulla tela, forme 'eterne' rintracciate dai viaggi della memoria e dal sovrapporsi di esperienze conscie o inconscie che ricava "...dalle nere pieghe del cuore". Viaggi, i suoi, che in alcuni inserti si aprono al mondo lontano, delle etnie. Lo spettatore assiste, quindi, all’esaltante “sentimento del colore, ‑ come attesta Gerardo Pecci ‑ visto quale veicolo privilegiato per mettere in evidenza la vastissima gamma delle emozioni e delle sensazioni dell'animo umano”) (G. Pecci, II colore della coscienza. La coscienza come realtà, in Daniela Baldo, Torino 2004, p. 5). L’artista compie il gesto del dipingere 'esprimendo' i sentimenti reconditi del suo mondo interiore; azione intesa pluralisticamente dagli storici dell'arte che vi leggono frammenti, visioni, volti, oggetti, scorci, fotografati dalla memoria e sviluppati nella camera oscura del cuore. [ ...] queste rappresentazioni ‑ continua Giorgio Brezzo nel suo, testo critico sull'artista ‑, sono le cose che abbiamo dentro, quelle che abbiamo visto da qualche parte, posti e gente, che abbiamo conosciuto. Come un sogno le abbiamo viste sfilacciarsi, scomparire nei meandri della nostra mente o del nostro cuore (G. Brezzo, Temponauta, in op. cit.,Torino 2004, p. 4). In questo contesto dove l’espressione artistica si sposa con i pensieri percorrendo sinergicamente strade che portano diritti verso la poesia, l’assunto dell' ut pictura poesis trova ampia manifestazione in versi che sfociano dalla contemplazione di queste tele.
"... raccontami dei pensieri fugaci
dell’anima,
di quanto ho visto e scruterò nel profondo
degli abissi del tuo cuore!
... quando sarò riemerso dal mio dolce
naufragio,
... dalle linee morbide della memoria
riaffioreranno i ricordi di una vita che vivi e
che per beltà e apparenza
si apre al mio sguardo
ricco di verde speranza e oro ricchezza
... dominate dal bianco candore, quello stesso
che desideri e che
da domani si affaccerà nel tuo futuro! “
Sono dipinti, quelli di Daniela che attendono lo speculum della materializzazione soggettiva, lo stesso che proviene dal viaggio mentale che ciascun uomo compie dal sorgere del giorno fino al suo tramonto.
TEMPONAUTA
A Daniela Baldo capita quello che succede in alcuni affascinanti romanzi di fantascienza: la navigazione nel tempo. Non ha però bisogno di sfruttare marchingegni alla H.G. Wells, la nostra pittrice bussolenese. Per lei, l’unica e vera macchina del tempo, infatti, è costituita dalla sua arte. Ma andiamo con ordine. Nata a metà degli anni cinquanta a Susa, Daniela Baldo parte dal II° liceo artistico di Torino, dove, allieva di Mauro Chessa, Enzo Sciavolino, Paola Pitzianti ed Enzo Bersezio, prende consapevolezza dei propri mezzi artistici e comincia a formare la sua voce in mezzo al complesso coro di esempi e suggestioni figurative. La sua prima mostra è datata 1980. Oggi vive e lavora a Bussoleno, paese attraversato dai binari del treno, da sempre crocevia originale di esperienze umane in tutti i settori. Lei, dal canto suo, nel ’96 mette in movimento un centro espositivo in via Fontan, nei pressi di piazza Cavour. L’atelier, chiamato “Arte e Arti”, diviene in breve un punto di riferimento per chiunque sia appassionato d’arte, mentre Daniela Baldo inventa anche il concorso “Valsusart Giovani”, evento a livello nazionale che intende promuovere i giovani artisti che intendono farsi conoscere e non hanno facilità a trovare i giusti canali. Parallelamente a questa frenetica attività di promozione, che comprende anche corsi di pittura e disegno, Daniela continua la sua ricerca artistica. Donna animata da una passione fortissima per i colori, che vengono da lei spalmati sulle tele con pennelli e spatole, predilige la raffigurazione dei soggetti eterni, quelli inseguiti dall’arte in ogni tempo: i ritratti, i paesaggi, le nature morte. Ed è proprio nel momento di mettersi al lavoro che Daniela Baldo provoca un vero e proprio cronosisma: non mi sto riferendo al tema di un famoso romanzo del grande Kurt Vonnegut, maestro di ecclettismo letterario, ma l’idea è quella: nel lavoro dell’artista si verifica una frattura temporale, perchè i soggetti che Daniela recupera e riporta alla luce della sua pittura sono nascosti nella memoria. Arrivano dalla sua esperienza di vita. Si tratta di cose, luoghi e persone colti qua e là, a volte senza ricordare l’anno, il giorno e l’ora. Frammenti, visioni, volti, oggetti, scorci, fotografati dalla memoria e sviluppati nella camera oscura del cuore. Ecco dove Daniela Baldo si trasforma in una viaggiatrice nel tempo. Ma sarebbe troppo facile vivere di ricordi, attingendo unicamente dal pozzo del passato. Così Daniela Baldo, temponauta dell’arte, ha trovato anche il sistema di spingersi in avanti, affidandosi, in questo frangente, alla sua sfera emozionale. Così, a fianco delle tematiche che da sempre contraddistinguono le sua produzione artistica, hanno fatto la loro comparsa quadri che semplicisticamente si potrebbero definire astratti. Queste rappresentazioni pittoriche riescono a trasmettere emozioni forti, offrendo varie suggestioni capaci di rievocare i vari stati dell’anima, dall’angoscia, alla serenità, passando quindi dall’urlo al canto, e queste voci sono rese udibili attraverso l’uso, quanto mai appropriato, dei colori. Queste ultime ispirazioni rendono quello di Daniela Baldo un work-in-progress, di cui viene difficile anticipare gli sviluppi futuri. Già in questa ultima fase, parallela a queste note, i dipinti hanno acquistato anche la contaminazione di motivi etnici, reperti di arte-precolombiana che vanno a sovrapporsi a sfondi di vario genere e colore. Sarà questo il paesaggio, o le nature morte, che si affermeranno nulla prossima produzione artistica di questa dotata e geniale artista valsusina? E’ presto per dirlo, ma un tuffo a testa prima nella sua galleria d’arte, nel suo laboratorio, o in qualunque luogo (e tempo) la sua arte trovi esposizione, è sicuramente un’esperienza capace di regalare al visitatore momenti di vera commozione del cuore. Di sicuro è che il viaggio, ricco di sobbalzi temporali, che si svolge attraverso l’arte figurativa di Daniela Baldo, rappresenta qualcosa di prezioso. Sono le cose che abbiamo dentro, quelle che abbiamo visto da qualche parte, posti e gente che abbiamo conosciuto. Come in un sogno le abbiamo viste sfilacciarsi, scomparire nei meandri della nostra mente o del nostro cuore. A Daniela Baldo questo non succede perchè i suoi sogni, le sue visioni, i suoi ricordi, tutti quei motivi che abitano il suo intimo, lei li ferma e li spalma sulla tela. E li firma.
IL COLORE COME COSCIENZA.
Gerardo Pecci - 2004
L’arte pittorica di Daniela Baldo si manifesta in solide forme astratte, vigorose e taglienti, dotate di un sodo equilibrio costruttivo, realizzate attraverso un rapporto coloristico armonico e ben bilanciato che testimonia una salda conoscenza sia delle premesse coloristiche che delle conquiste più mature dell’astrattismo classico, partendo dalle premesse di Pollock, di Kline, di de Kooning, ma anche di Mathieu, di Hartung, di Soulages. Tuttavia, nei dipinti di Daniela gli echi dell’espressionismo astratto sembrano sfuggire ad ogni tentativo di serializzazione classificatoria delle tendenze artistiche contemporanee pescando, sul filo della memoria, anche lontane presenze di echi che ci ricordano la plasticità pittorica di Cézanne, che aprì la grande stagione pittorica dell’arte contemporanea. Altre volte alcuni impasti cromatici presentano toni e modi coloristici che possono richiamare alla nostra memoria anche lontanissime e vaghe tangenze con la pittura di Turner.
L’originalità del segno coloristico di Daniela Baldo è frutto soprattutto della libera espressione della propria esplosiva emozionalità, resa sia attraverso una pennellata fluida e vigorosa che con l’uso sapiente e veloce della spatola, che spalma i colori sul supporto fisico ed elastico della tela con estrema decisione, ben prima che possa sopravvenire la fredda razionalità del pensiero logico. Vi è, quindi, nell’arte di Daniela una forte liberazione di energia emozionale, e di sensazioni, che struttura e presiede la realizzazione dei dipinti. Questo è vero soprattutto per i dipinti più recenti dove l’eco emozionale del tema del viaggio, per esempio, mette in evidenza un mondo strutturato sull’accostamento di colori che sottolineano, e delineano, la percezione eterna delle cose e dei luoghi, della memoria e dei segni; così i dipinti “Roma”, “Gondole”, “Prima del palio”, ci restituiscono una forte emozionalità che si trasmette in modo prepotentemente diretto e immediato, mettendo in collegamento diretto il cuore dell’artista con il nostro. I colori sono il pretesto, più che il veicolo percettivo, per eternare un momento, un attimo fugace nell’immensità del tempo eterno. Viene messa a nudo la drammaticità del mondo interiore dell’artista, in lotta eterna contro il nulla, contro il vuoto spossante del mondo odierno, contro il vuoto disorientante di una tela bianca che aspetta il battesimo del colore.
La forza del gesto, della pennellata, della spatolata larga e potente, l’impeto che emana dall’interiorità dall’artista finisce per coinvolgere lo spettatore comunicandogli una sensazionale profondità e potenza di sentimenti.
La pittura di Daniela Baldo richiama da vicino anche
l’arte drammatica e interiore di un altro artista italiano contemporaneo,
Italo Bolano, e, forse, ne rappresenta un complemento nell’unità
d’intenti e di espressione artistica e stilistica. Come Bolano, anche
Coloristicamente il mondo di Daniela è denso di emozioni, di pathos, così come sono pastose e dense le stesure del pigmento pittorico sulle superfici tormentate delle sue tele. Vortici, striature nette e fluide, colori freddi e caldi accostati sapientemente, rendono preziosi i dipinti della pittrice nel loro dinamico cangiantismo cromatico.
Il riferimento alla natura suscitatrice universale di emozioni è presente, ad esempio, nella serie dedicata alle stagioni e agli elementi atmosferici quali la pioggia e il vento. In tali opere la pittrice unisce il sapiente uso del colore, trasfigurato in senso plastico-emotivo, con una rigorosissima costruzione generale della struttura delle opere, anch’essa dinamica, da cui traspare l’armonia che lega universalmente l’animo umano alla realtà, in un osmotico rapporto che non cessa mai di meravigliarci, di stupirci. E forse è in questo universale e particolarissimo modo di accostarsi alle variegate e molteplici realtà del mondo che si manifesta prepotentemente tutta la poetica pittorica di Daniela Baldo, brava e dolce artista valsusina.
Nelle più recenti opere, la pittrice valsusina Daniela Baldo presenta una serie di immagini che ci richiamano alla memoria echi delle forme artistiche dell’America Latina, con uno sguardo mai sazio di riferimenti iconici, puntualissimi, alle culture visive e antropologiche del mondo latino-americano classico, alle culture andine, alle antiche e suggestive forme del ricco repertorio decorativo e popolare del Perù e del Messico precolombiani. Sono richiami ancestrali, che si rifanno a miti e riti antichissimi, che affondano le radici in un mondo ormai lontano dalla nostra alienazione occidentale. Sono richiami che, pur potenti, finiscono comunque per imporre alla nostra sensibilità, alla nostra coscienza, un mondo quasi magico, nutrito di miti e di suggestioni emozionali che ci riportano, poi, alla pittura astratta che lega talune forme della propria ricerca personale con le forme e col mondo dell’informale, di cui indiscutibilmente, come ha scritto il critico Enrico Crispolti, fa parte anche quella vena dell’espressionismo astratto che è ravvisabile e ben vivo e presente nella pittura di Daniela Baldo, nella più generale e “assai ampia e svariata fenomenologia linguistica informale”.
Anche qui il tema “classico” del viaggio come “istruzione” e come “suggestione” è presente al grado più alto di percettibilità visiva. E’ il tema, eterno, dell’uomo che va verso la conoscenza, è il mito di Ulisse che rivive, pur decontestualizzato dalle proprie origini mitologiche, in ognuno di noi, ma che la sensibilità e la raffinatezza del linguaggio pittorico di Daniela Baldo ha saputo mettere ben in luce.
Adelinda Allegretti - 2003
Capita sovente nel percorso di un artista, per amore di ricerca ma soprattutto per spontaneo superamento di tecniche o tematiche ormai acquisite e, per certi versi, sviluppate e sviscerate in ogni possibile direzione, uno stravolgimento, sebbene lento ed apparentemente casuale, di quella che comunemente viene definita cifra stilistica. Un fattore positivo, a nostro avviso, che presuppone una maturità artistica in continuo divenire, pronta ad abbandonare una strada già battuta per muoversi verso lidi ignoti. È quanto continua ad accadere alla pittura di Daniela Baldo, che nell’arco degli ultimi anni ha saputo portare avanti una ricerca che dal figurativismo l’ha condotta dapprima all’informale e poi, con la più recente produzione, a subire il fascino dell’esotico, nel senso più letterale del termine. Gli ultimi lavori, pertanto, prendendo le mosse da certa produzione artigianale dell’America Latina vista in occasione di un recente viaggio, come già accaduto in passato a pittori e scultori europei ormai annoverati nella storia dell’arte di tutti i tempi, riflettono un crescendo interesse nei confronti degli animali, da un lato, e dall’esemplificazione geometrica del segno dall’altro.
In Alle cinque della sera, toro e torero, ben delineato il primo, poco più che una macchia di colore il secondo, ben si inseriscono, in una intelligente soluzione di continuità, in un contesto ancora di natura informale. Lo stesso accade in Verso l’uscita ed in Contaminazioni, in cui sono addirittura astrazioni geometriche ed informali a fronteggiarsi sulla stessa superficie pittorica.
Certo siamo molto lontani dai primi lavori, peraltro
mai scontati e già carichi di pathos, improntati principalmente sul paesaggio
e la natura morta. Un primo sentore di cambiamento verso una soluzione
informale si era poi avuta nel ciclo di opere legate all’Acquaticità, in
cui il movimento dell’acqua e della vegetazione era già solo un pretesto
per poter andare oltre la rappresentazione del reale. Uno scivolamento
costante e sempre più perentorio verso l’astratto ha invece caratterizzato
tutta la produzione successiva, con cui